“ Ma solo chi è disposto a tutto, chi non esclude nulla, neanche la cosa più enigmatica, vivrà la relazione con un altro come qualcosa di vivente e attingerà sino in fondo la sua propia esistenza.”
Rainer Maria Rilke
Sono stata recentemente ad una incontro in cui Eugenio Borgna presentava il suo libro “Parlarsi “La comunicazione perduta. Borgna è uno dei più importanti esponenti della della psichiatria fenomenologica e ha scritto molti testie articoli .(https://it.wikipedia.org/wiki/Psichiatria_fenomenologica )https://it.wikipedia.org/wiki/Eugenio_Borgna
Il suo libro “ Parlarsi” è molto breve, ma ricco di spunti e di riflessioni come tutti i suoi testi. Secondo Borgna comunicare è sinomino di cura e significa entrare in contatto con gli altri e, nello stesso tempo , con la nostra interiorità. Quel che ho trovato sempre affascinante di Borgna è che parla della sofferenza dell’anima, del disagio psichico, anche grave, parlando della poesía , della filosofía e della letteratura. Il suo ultimo libro “L’indicibile tenerezza”, Feltrinelli è dedicato a Simone Weil, una figura femminile molto interessante, grande filosofa e mistica del Novecento.Un’esperienza emozionante sentirlo raccontare : una voce gentile e una cultura sconfinata che gli permette di fare riferimenti continui a poeti, filosofi, artisti , da Wittgenstein a Schopenhauer ad Antonia Pozzi a sant Agostino.
All’incontro Borgna ha parlato della relazione che si instaura fra terapeuta e paziente, ma anche delle relazioni umane in generale. L’importanza dei piccoli gesti, gli sguardi , le strette di mano, il silenzio, le lacrime ,ogni relazione è diversa e unica e produce un cambiamento , da entrambe le parti.
Non solo gentilezza nelle sue parole ma autoironia e parole molto decise e precise verso un certo tipo di psichiatria violenta e invasiva. Parlando della relazione di aiuto con il grave disagio psichico , in particolare la depressione profonda, Borgna chiama le parole “fragili ponti”, che possono gettare una luce di speranza e aprire un varco: la mia formazione e esperienza come arte terapeuta mi faceva pensare anche ai materiali artistici, la nostra scatola dei colori per avvicinarci ai pazienti .I “fragili ponti” li costruiamo a volte offrendo un gessetto, un pastello o un foglio di carta che a volte resta bianco per lungo tempo prima che nasca una traccia.
Sono tornata a casa tutta contenta quella sera, grata alla scuola di psicoterapia “ Il Ruolo Terapeutico” di Milano per aver organizzato quell’incontro aperto a tutti, che mi aveva arricchita ed emozionata. Dentro di me risuonavano le ultime parole con cui ci aveva voluto salutare Borgna..“ ricordatevi che follia e non follia sono dentro ognuno di noi “ , concetto non nuovo e già’ espresso ma che è importante ricordare per non costruire muri ma ponti nella relazione che cura ma anche nella società .
Melania Cavalli